L’appocundria, come la saudade, è un forte senso di malinconia, di tristezza, di nostalgia; è un senso di vuoto non facile da colmare, è un qualcosa che ci paralizza e ci impedisce di reagire. La differenza tra la saudade e l’appocundria consiste nel fatto che l’appocundria è legata alla sfera intima e individuale, mentre la saudade è un sentimento comune.
È passato quasi un anno dal mio rientro da Lisbona e non posso che dedicare queste righe a lei, “a cidade de noite incantada“, una città di cui non ci si può che innamorare e che porterò sempre nel cuore. Ricordo che prima di partire qualcuno mi disse: “quando arriverai a Lisbona conoscerai la saudade”. E in effetti, ho conosciuto la saudade solo quando sono arrivata a Lisbona e ho capito cosa fosse veramente solo quando sono rientrata dal mio periodo di Erasmus.
Ma che cos’è la saudade? Non si tratta di una parola semplice da spiegare; la si potrebbe associare forse all’appocundria, un termine che può intendere solo chi è napoletano come me. La parola saudade è infatti un qualcosa di intraducibile, un qualcosa che possiamo capire solo se lo proviamo veramente. È un sentimento struggente, rivolto verso qualcosa o qualcuno che non c’è più e a cui vorremmo riavvicinarci; è nostalgia, è malinconia, è un ricordo che lascia una sensazione di amaro e piacere nello stesso tempo.
Come scrive Gilberto Gil in “Toda saudade”:
Ogni saudade è la presenza dell’assenza
Di qualcuno, un luogo o un qualcosa, infine
Un improvviso no che si trasforma in sì
Come se il buio potesse illuminarsi.
Della stessa assenza di luce
Il chiarore si produce,
Il sole nella solitudine.
Ogni saudade è una capsula trasparente
Che sigilla e nel contempo porta la visione
Di ciò che non si può vedere
Che si è lasciato dietro di sé
Ma che si conserva nel proprio cuore.
La saudade è un senso di mancanza, il desiderio di rivivere qualcosa che forse non sarà più identico a come lo ricordiamo, ma a cui non possiamo fare a meno di pensare.
Il termine appocundria, invece, è un termine napoletano riscontrabile in una canzone di Pino Daniele, “Appocundria”:
Appocundria me scoppia
ogne minuto ‘mpietto
pecché passanno forte
haje sconcecato ‘o lietto
appocundria ‘e chi è sazio
e dice ca è diuno
appocundria ‘e nisciuno.
… Appocundria ‘e nisciuno.
L’appocundria, come la saudade, è un forte senso di malinconia, di tristezza, di nostalgia; è un senso di vuoto non facile da colmare, è un qualcosa che ci paralizza e ci impedisce di reagire. La differenza tra la saudade e l’appocundria consiste nel fatto che l’appocundria è legata alla sfera intima e individuale, mentre la saudade è un sentimento comune.
Come scrive Eduardo Lourenço la saudade è “il blasone dell’identità portoghese“, un vero e proprio tratto distintivo.
“La malinconia guarda al passato come definitivamente passato […]. La nostalgia si stabilisce in un passato determinato, in un luogo, in un momento, in un oggetto di desiderio al di fuori della nostra portata […]. La saudade è partecipe dell’una e dell’altra, ma in modo così paradossale, così strano […] che, a ragione, è diventata un labirinto e un enigma per coloro che la provano come se fosse il più misterioso e il più prezioso di tutti i sentimenti“.
di Valeria Frenda
Nata nel 1988 a Pompei, in provincia di Napoli, Valeria è fiera delle sue origini napoletane e sostiene di parlare quattro lingue, italiano, inglese, portoghese e napoletano. Laureata in Filosofia presso la Federico II di Napoli nel 2012, ora frequenta la Magistrale di Filosofia. Ha collaborato con associazioni di volontariato e lavorato con bambini provenienti da situazioni a rischio organizzando attività ludiche e scolastiche. Ama la natura, la fotografia e tutto ciò che riguarda l’arte intesa come espressione di sé.
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